La resilienza passa per l’autoresponsabilizzazione

<<Odiavo ogni minuto di allenamento, ma mi sono detto, non mollare.
Soffri ora e vivi da campione per il resto della vita>>.

Ecco il testo integrale, e senza modifiche, dell’intervista rilasciata all’Eco di Bergamo e
pubblicata in data 5 aprile 2020. Buona lettura!

Siamo tutti chiamati a sperimentare la capacità di superare la crisi e
adattarci ai cambiamenti. Come? Ne parliamo con Marzia Salini, coach relazionale.

Nel massimo rispetto di quello che le persone stanno passando, consapevole che
non c’è una situazione totalmente aderente all’altra, credo che non sia
questo il momento per panacee universali uguali per tutti, in ogni casa e famiglia.
Una parola tanto affascinante quanto resilienza sale sempre alla ribalta
in situazioni che mettono a dura prova. E’ inevitabile. E’ altrettanto inevitabile
che circolino una quantità di consigli su come svilupparla così, d’emblée.

Certo, fare i biscotti insieme è simpatico – una volta – e farà passare
un paio d’ore serene alla famiglia chiusa in casa, ma qualcuno dovrà poi pulire e
una seconda volta non ci sarà più. Mettiamoci l’animo in pace – non è
l’emergenza Covid-19 che ci darà il tempo per imparare a suonare l’ukulele ancheggiando,
cambiandoci la vita per sempre; e probabilmente non è neanche la volta buona
per insegnare alla nonna a giocare a Fortnite. Stessa cosa per il riordino
delle fotografie dei viaggi passati…. meglio di no. Rischiamo che l’emergenza
Covid-19 prenda il posto della crisi di mezza età come “giusta causa di divorzio”!
Niente convivialità forzata – siamo come Napoleone a Sant’Elena, dopo tutto.

Se non dai biscotti, e dai momenti di convivialità della famiglia, da dove
partiamo allora?

Beh… non tutti hanno la grande fortuna di avere una famiglia. Alcuni sono soli,
e scoraggiati, altri felici di esserlo perché hanno scelto così. Quello che vorrei
far comprendere è che non si affronta una situazione d’emergenza con armi e talenti
che non abbiamo. Ciò che sentiamo dentro di noi – testa e cuore – e ciò che
viene spontaneo fare, ora, chiusi tra le mura (eh…sì…a volte mura, più che muri)
è il risultato di quanto abbiamo scelto e fatto in precedenza. Non siamo
nati nel momento stesso in cui è arrivato l’ordine di rimanere in casa. L’unico
suggerimento che mi sento di dare è partire da ciò che c’è, e non da quello che
manca. Prendiamoci la calma e lo spazio mentale per riconoscerlo.

Un suggerimento su come fare?

Cerchiamo di essere obiettivi e di riconoscere quali sono le nostre caratteristiche
più forti. Cosa sappiamo fare bene, cosa fa scattare in noi una reazione positiva?
Quando siamo al meglio? Sul piano relativo, una convivenza forzata
necessita di un buon comportamento. E’ fondamentale metterlo in atto
ben prima di aspettarci che lo facciano gli altri. Ma questo lo sappiamo fare benissimo – non sarà tanto diverso
da quello che ci ha insegnato la mamma prima di consegnarci al mondo: una buona educazione,
una costante igiene personale, il rispetto degli orari, degli spazi e delle cose altrui…
E una volta fatto questo, concentriamoci sul non prendere le cose in modo personale.

Cosa significa in una situazione come questa, non prendere le cose in modo personale?

Significa che quanto sta accadendo non accade solo a noi, interessa tutti. Non è
una colpa da scontare, non c’è qualcuno che ci sta facendo pagare qualcosa;
tantomeno all’interno della nostra famiglia. Capire questo è essenziale
soprattutto per evitare che si inneschino meccanismi di frustrazione e rabbia.

Che infatti si stanno manifestando …

Sì, purtroppo. Ma, di nuovo: dovremmo già sapere che ogni cosa che facciamo
porta un risultato
che immancabilmente torna a noi. Non è arrabbiandoci e
buttando la vita, nostra e degli altri, alle ortiche che riusciamo a stare a galla; la rabbia
è un segno di debolezza, ci tiene lontano dal guardare in faccia la realtà
delle cose e ancora di più ci impedisce di cambiarle come vorremmo. La resilienza
passa per l’autoresponsabilizzazione
. Questo è il momento adatto per pensarci,
e per ascoltare – gli altri, ma noi stessi innanzitutto.

In conclusione: cosa vorresti trovare all’uscita dal tunnel?

Vorrei vedere cancellata e svuotata di ogni importanza la frase che ricorre spesso
in questi giorni “…finché torna tutto come prima”. Se torna tutto come prima,
vuol dire che non abbiamo imparato un bel niente.

Marzia Salini ha creato Coaching for Happiness perché <<Possiamo parlare solo
di ciò che conosciamo>>.

April 6, 2020 9:14 am

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